Come si dividono le parti comuni di un condominio?

C’è spesso un dubbio comune fra i condomini che vorrebbero destinare a uso privato alcune porzioni condivise dello stabile condominiale. Come si dividono le parti comuni di un condominio? L’esempio classico è quello di una grande area verde comune, da suddividere in piccoli giardini privati. Ma come si procede? Per quanto per il Codice Civile le parti comuni siano solitamente indivisibili, in alcuni casi è possibile effettuare una suddivisione fra i condomini, in presenza di specifiche condizioni.

Quali sono le parti comuni di un condominio

Prima di entrare nel dettaglio di come dividere una parte comune, è innanzitutto necessario ricordare quali siano questi ambienti. A questo scopo, il riferimento è nell’articolo 1117 del Codice Civile, che fornisce un utile elenco – per quanto non completamente esaustivo – di quali siano le porzioni in condivisione all’interno di uno stabile condominiale.

Parti comuni del condominio

Pexels

Salvo diversa disposizione, ovvero da atto d’acquisto o da regolamento condominiale, possono considerarsi parti comuni:

  • il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri, le travi portanti, i lastrici solari, i sottotetti e i tetti;
  • le aree di accesso all’edificio come cortili, portoni, andati, scale, vestiboli e ascensori;
  • i locali per i servizi comuni, come la lavanderia comune, la portineria, i locali per l’alloggio del portiere;
  • gli impianti centralizzati per acqua, gas, elettricità, riscaldamento e affini, fino al punto di diramazione verso le singole proprietà esclusive, così come anche pozzi e cisterne;
  • le opere e le pertinenze destinate all’uso comune, come giardini, aree parcheggio, locali tecnici e altre strutture analoghe.

Quali sono le parti non comuni dello stabile

Per contro, è utile anche ricordare quali porzioni dello stabile condominiale non siano normalmente considerate considerate condivise. A titolo esemplificativo, possono essere considerate parti non comuni in un condominio:

  • appartamenti o unità immobiliari di proprietà esclusiva;
  • balconi e terrazze a uso esclusivo, purché non abbiano funzioni strutturali per l’edificio;
  • box, garage o posti auto di pertinenza del singolo condomino;
  • cantine e soffitti di proprietà esclusiva;
  • impianti autonomi in uso in singole unità immobiliari, come ad esempio il riscaldamento autonomo oppure l’impianto di condizionamento.

Come si esprime il dominio dei vari proprietari sulle parti comuni condominiali

Specificate quali siano le parti comuni del condominio, in che modo viene espresso il dominio sulle porzioni comuni da parte dei singoli proprietari? Si tratta di un dubbio da non sottovalutare, poiché propedeutico all’eventuale divisione delle stesse parti comuni.

Innanzitutto, è necessario sottolineare che il dominio delle parti comuni è regolato dal principio della comunione pro indiviso, come si evince sempre dall’articolo 1117 del Codice Civile e successivi. In altre parole:

  • i condomini acquisiscono un diritto astratto di comproprietà, non fisicamente divisibile;
  • a ogni proprietario è assegnata una quota ideale di questa comproprietà, in base alla proporzioni in millesimi, sottolineata dall’articolo 1123 del Codice Civile.

Si tratta quindi di una comunione forzosa, a cui il singolo condomino non può sottrarsi: in altre parole, il proprietario di un’unità immobiliare non può rinunciare alla comproprietà delle scale condominiali. Ma nella pratica, come si concretizza l’uso di questa comunione forzosa?

Il riferimento è all’articolo 1102 del Codice Civile, che sottolinea come ogni singolo condomino possa utilizzare le parti comuni dell’edificio, purché non ne alteri la destinazione d’uso e non impedisca ad altri di fare altrettanto. Ad esempio, a meno di specifici divieti da regolamento, un condomino può utilizzare il tetto per installare un’antenna TV, ma non può impedire ad altri di fare altrettanto, ad esempio occupando tutto lo spazio disponibile. Il controllo del corretto utilizzo delle parti comuni rientra nei poteri dell’amministratore di condominio.

Come dividere una parte comune del condominio

Date le doverose premesse dei precedenti paragrafi, è possibile dividere una parte comune del condominio? E, se sì, come si può procedere?

L’articolo 1119 del Codice Civile spiega che le parti comuni dello stabile condominiale sono indivisibili, a meno che la divisione possa avvenire senza rendere più incomodo l’uso a ciascun proprietario. In altre parole, a seguito della divisione, l’uso del bene condominiale non deve risultare ostacolato o più difficoltoso.

Sul tema è intervenuta anche la Cassazione che, con la sentenza 867/2012, ha ribadito che per stabilire la divisibilità di un bene condominiale, e quindi la sua comodità dopo la suddetta divisione, è necessario considerare lo stesso bene comune:

  • dal punto di vista funzionale, di conseguenza della capacità di tutti i condomini di servirsene;
  • dell’utilità che ogni singolo condomino ne può ricavare.

Verificate queste condizioni, come si procede materialmente alla divisione?

Le modalità di divisione delle parti condominiali

Tornando all’esempio fatto in apertura, cosa succede quando i condomini decidono di suddividere un’area verde condominiale in giardini più piccoli, di proprietà esclusiva dei singoli condomini? Di norma, sono due le principali modalità di suddivisione delle parti comuni:

  • la divisione volontaria, che deve ottenere il consenso di tutti i condomini, attraverso una scrittura privata o un atto pubblico;
  • la divisione giudiziaria, riservata tuttavia a casi rari ed eccezionali come lo scioglimento totale del condominio, dove un giudice può stabilire la divisione del bene comune anche senza unanimità, ma solo se non rende più incomodo l’uso per gli altri condomini. 
Suddivisione delle parti comuni in condominio

Pexels

Concentrandosi sulla divisione volontaria, poiché quella giudiziaria dipende dalle valutazioni e dalle decisioni del tribunale, in sede di assemblea è necessario verificare che:

  • tutti i condomini siano d’accordo alla divisione;
  • la divisione stessa non comprometta l’accesso, l’utilità e la funzionalità delle parti comuni agli altri;
  • il regolamento condominiale non vieti espressamente queste divisioni.

Dopodiché, una volta raggiunta l’unanimità, è indispensabile:

  • testimoniare l’intesa raggiunta con un accordo scritto, come ad esempio un atto notarile, che certifichi la modifica della proprietà immobiliare, con la relativa trascrizione nei registri pubblici;
  • aggiornare il regolamento condominiale;
  • provvedere alla nuova ripartizione delle spese, in base alla proporzionalità in millesimi, prevista dal già citato articolo 1123 del Codice Civile.

L’unanimità è sempre necessaria per la divisione?

Come si è visto, l’articolo 1119 del Codice Civile prevede che per la divisione delle parti comuni sia prevista l’unanimità dei condomini, nei casi in cui sia materialmente possibile provvedere alla suddivisione. Ma per le modifiche alle parti comuni, serve sempre l’unanimità?

Per comprenderlo, è necessario analizzare due situazioni ben diverse:

  • per le modifiche alle parti comuni che riguardano innovazioni – ad esempio in miglioramento o, ancora, un uso più comodo delle porzioni comuni – è sufficiente una maggioranza qualificata in prima convocazione, pari alla maggioranza dei condomini presenti in assemblea, purché rappresentino i due terzi del valore in millesimi dell’edificio, così come previsto dall’articolo 1120 del Codice Civile;
  • per le modifiche che comportano una divisione, o cambiano radicalmente la destinazione d’uso delle parti comuni, è sempre necessaria l’unanimità.

Come facile intuire, anche per la divisione delle parti comuni di un edificio con due proprietari, l’unanimità sarà sempre necessaria, come appunto previsto dall’articolo 1119 del Codice Civile, data anche la natura di questa comunione.

In ogni caso, poiché le singole situazioni possono essere anche molto complesse da analizzare, il consiglio è sempre quello di rivolgersi sia all’amministratore di condominio che al proprio legale di fiducia, per un parere preliminare.

#

Comments are closed