Quando si affitta un immobile uno dei problemi più comuni e difficile da risolvere è l’eventualità di una morosità. L’inquilino infatti potrebbe essere in ritardo con i pagamenti del canone. E al proprietario, dopo un primo tentativo per una soluzione amichevole, non rimane che avviare il percorso giuridico per lo sfratto. Cosa accade però se durante il procedimento di sfratto per morosità l’inquilino paga e quindi provvede al saldo delle somme dovute prima della convalida dello sfratto? Ecco cosa prevede il Codice Civile e le norme che regolano la casistica.
Quanto si può ritardare il pagamento dell’affitto?
Trovarsi in una momentanea difficoltà economica tanto da dover ritardare il pagamento dell’affitto non è certo un evento raro. Per questo motivo è essenziale capire quali sono le tempistiche concesse e quelle che rientrano nella sanzione. Per avere un quadro chiaro in questo senso si deve ricorrere al testo dell’articolo 5 della Legge n. 392/1978. Qui, infatti, viene stabilito chiaramente un termine di tolleranza di 20 giorni. Questo vuol dire che, se l’inquilino non paga l’affitto entro questo periodo, il locatore può avviare la procedura di sfratto per morosità.
A questo si aggiunge anche quanto stabilito dall’articolo 1455 del Codice Civile. Qui si afferma che il mancato pagamento di almeno due mensilità può essere considerato una grave inadempienza. La condizione, dunque, è più che sufficiente per giustificare la risoluzione del contratto.
Nonostante quanto stabilito dalla legge, però, il contratto di locazione potrebbe prevedere clausole diverse, per cui è sempre opportuno verificarne i termini. Oltre a questo, poi, una variabile potrebbe essere rappresentata dal rapporto di fiducia tra proprietario e affittuario. In questo caso, infatti, per l’inquilino è possibile chiedere una dilazione del pagamento al mese successivo senza innescare nessun tipo di provvedimento giuridico, esplicitando i motivi della difficoltà.

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Cosa fare se l’inquilino paga l’affitto in ritardo?
Nel caso in cui un inquilino si trovi a pagare in ritardo l’affitto, il locatore può agire attraverso diverse fasi, prima di avviare una procedura di sfratto per morosità. Il primo passo, ad esempio, può essere rappresentato dalla verifica del contratto di locazione. Qui, infatti, deve essere inserito il termine esatto entro cui versare il canone stabilito, solitamente entro il 5 di ogni mese, con l’aggiunta di eventuali more da sommare per eventuali ritardi.
Il passo successivo, poi, è il contatto diretto con l’inquilino per comprendere le ragioni del ritardo, soprattutto se non si tratta di una consuetudine. In questo caso, dunque, ci si trova in un confronto chiaro e amichevole, grazie al quale è possibile giungere ad una soluzione vantaggiosa per entrambi.
Nel caso in cui, però, il ritardo tenda a protrarsi oltre il tempo dovuto, è possibile inviare un sollecito di pagamento tramite email, messaggio o lettera raccomandata, in cui devono essere inclusi alcuni dati fondamentali come l’importo dovuto, la data di scadenza originaria, eventuali penali o interessi previsti dal contratto ed un nuovo termine entro cui regolarizzare la posizione. Se, dopo questo, l’inquilino continua a non assolvere al pagamento, allora si avvia la diffida, la messa a mora e, come ultimo passo, la procedura di sfratto.
Se l’inquilino moroso paga durante la procedura di sfratto
Quando un inquilino accumula un ritardo nei pagamenti del canone di locazione, il proprietario ha il diritto di avviare una causa di sfratto per morosità. Tuttavia, una delle questioni più dibattute riguarda cosa succede se l’affittuario riesce a saldare il debito durante il procedimento. In sostanza, questo deve lasciare l’immobile o lo sfratto viene bloccato permettendo alla persona interessata di rimanere nell’abitazione?
Un aiuto per risolvere la questione viene direttamente dal nostro ordinamento giuridico. Questo, infatti, prevede un meccanismo di tutela per l’inquilino moroso chiamato “sanatoria della morosità“. A regolare la questione è, nello specifico, l’articolo 55 della Legge 27 luglio 1978, n. 392, anche conosciuta come Legge sull’Equo Canone. Qui è stabilito che l’inquilino ha la possibilità di evitare lo sfratto pagando tutte le somme dovute, comprensive degli arretrati e spese legali per il pagamento dei canoni dopo la notifica di sfratto. Questo, però, deve avvenire entro un termine fissato dal giudice in concomitanza con la prima udienza del procedimento:
- se il pagamento viene effettuato nei termini previsti, la procedura di sfratto può essere dichiarata nulla e, di conseguenza, l’inquilino può continuare ad abitare nell’immobile.
- Nel caso in cui, invece, il pagamento avvenga dopo la scadenza stabilita dal giudice, il locatore può chiedere che il procedimento di sfratto prosegua.
È bene ricordare, comunque, che la decisione finale del giudice dipende molto dalle circostanze specifiche. Nel caso di un accordo privato con il proprietario dell’immobile il locatore potrebbe accettare il pagamento senza insistere nel richiedere la convalida dello sfratto. Tuttavia è bene chiarire che il semplice saldo del debito non garantisce automaticamente il diritto a restare nell’immobile se la causa di sfratto è già avanzata.
Per finire, poi, è opportuno chiarire che la legge concede all’inquilino la possibilità di sanare la morosità solo una volta nel corso del rapporto di locazione. Questo vuol dire che, se in futuro dovesse accumulare nuovamente ritardi nei pagamenti non potrebbe più avvalersi della possibilità della sanatoria e, a quel punto, lo sfratto verrebbe convalidato senza nessun tipo di opposizione. I locatori potrebbero consultare la banca dati di morosità immobiliare per comprendere se l’inquilino è moroso.

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Quando si può sfrattare l’inquilino moroso?
Per rispondere in modo chiaro ed esaustivo al quesito è opportuno far riferimento al Codice di Procedura Civile. Nello specifico gli articoli da prendere in considerazione sono il 657 e 669. Questi, infatti, disciplinano lo sfratto per morosità e quello per finita locazione.
Nell’eventualità del primo, dunque, la legge stabilisce che il proprietario può avviare la procedura quando l’inquilino non ha pagato almeno una mensilità dell’affitto oltre il termine di tolleranza, se previsto, e ha accumulato più mensilità di arretrati, aggravando la situazione debitoria.
In sostanza, dunque, lo sfratto per morosità è una procedura legale che può essere avviata quando l’inquilino non paga il canone d’affitto secondo i termini stabiliti dal contratto. È fondamentale, però, seguire l’iter legale corretto e valutare soluzioni alternative, come degli accordi di pagamento, prima di procedere con l’azione giudiziaria. In ogni caso, il supporto di un avvocato specializzato può essere determinante per la buona riuscita della pratica.
E quando non si può sfrattare l’inquilino moroso?
Nonostante la legge lo consideri una procedura assolutamente legale, esistono delle casistiche in cui non si può sfrattare un inquilino moroso anche se è dunque in ritardo con i pagamenti. Ecco quando lo sfratto non può essere eseguito:
- sanatoria della morosità: come visto in precedenza, se l’inquilino paga entro il termine fissato dal giudice lo sfratto viene annullato.
- Blocco degli sfratti in situazioni eccezionali: il governo può introdurre misure di sospensione degli sfratti, come avvenuto durante la pandemia da COVID-19.
- Mancata notifica degli atti: se l’inquilino non ha ricevuto correttamente la notifica del procedimento, lo sfratto può essere invalidato.
- Vizi formali nel contratto di locazione: nel caso in cui il contratto presenti irregolarità, il giudice potrebbe dichiarare nullo lo sfratto.
- Pagamenti effettuati e non registrati: quando l’inquilino dimostra di aver già pagato, ma il locatore non ha registrato il pagamento, lo sfratto non può procedere.
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