Nel cuore del deserto del Karakum, tra vaste distese aride, arde senza sosta un cratere infuocato che da oltre mezzo secolo cattura l’immaginazione di scienziati e curiosi. È conosciuto proprio come la Porta dell’Inferno del Turkmenistan, un nome suggestivo che ben rende l’idea della sua spettacolare e inquietante natura. Sebbene la sua comparsa sia stata accidentale, oggi è diventata simbolo sia del potere incontrollabile della natura che delle conseguenze impreviste dell’intervento umano. Per questo motivo solleva diversi interrogativi a cui molti hanno cercato di dare una risposta: tra questi i più interessanti riguardano l’origine e, soprattutto, i motivi che lo portano a bruciare da così tanto tempo.

Dove si trova esattamente la cosiddetta Porta dell’Inferno

Raggiungere la Porta dell’Inferno potrebbe sembrare un’avventura incredibile degna di un’impresa alla Indiana Jones. In effetti questa si trova in Turkmenistan, nel deserto del Karakum, a circa 260 chilometri a nord della capitale Aşgabat, nei pressi del piccolo villaggio di Derweze. 

Si tratta di un’area piuttosto remota e scarsamente popolata. Oltre a questo, è dominata da paesaggi aridi, dune e distese sabbiose, dove le temperature possono raggiungere i 50°C in estate. Tutti elementi che contribuiscono a rendere il viaggio una questione non semplice e, soprattutto, da pianificare nel migliore dei modi nei mesi più freschi.

Come raggiungere il cratere Darvaza

Come se non bastasse, raggiungere il cratere gassoso Darvaza (in turkmeno “Garagum ýalkymy“) non è semplice. Il modo più comune è quello di noleggiare un fuoristrada dalla capitale, affidandosi a una guida locale esperta. Il viaggio ha una durata di circa 4-5 ore e si dipana attraverso un territorio privo di segnaletica e infrastrutture. Per tutti questi motivi, dunque, è assolutamente sconsigliato avventurarsi in solitaria senza una dovuta assistenza professionale. 

Una volta arrivati sul posto, lo spettacolo colpisce lo sguardo e gli animi, tanto che molte guide organizzano un accampamento per godere dello spettacolo notturno. Al calar del sole, infatti, le fiamme sembrano danzare nel cratere offrendo uno scenario quasi ultraterreno, con bagliori visibili a chilometri di distanza.

cratere darvaza turkmenistan

Tormod Sandtorv, CC BY-SA 2.0 / Wikimedia Commons

Come si è formata la Porta dell’Inferno?

Dato per scontato che si tratti di uno spettacolo naturale incredibilmente potente, a cosa si deve la sua origine e quale fenomeno ha contribuito alla formazione? La storia della Porta dell’Inferno è relativamente recente. Questa, infatti, affonda le radici nei primi anni ’70, durante l’epoca sovietica. 

Nel 1971 un gruppo di geologi sovietici ha condotto delle trivellazioni nella zona, alla ricerca di riserve sotterranee di gas naturale, una risorsa abbondante nel sottosuolo turkmeno. Durante le operazioni, però, la trivella è arrivata a perforare in modo accidentale una caverna sotterranea piena di gas. In questo modo è stato provocato il crollo del terreno e la formazione di un cratere di circa 70 metri di diametro.

A questo punto, temendo che il gas metano potesse fuoriuscire e rappresentare un pericolo per l’ambiente e gli insediamenti vicini, gli scienziati hanno deciso di dare fuoco al cratere per bruciare il gas rimanente. Un’azione che avrebbe dovuto portare all’esaurimento dell’incendio nel giro di pochi giorni o settimane: invece, inaspettatamente le cose sono andate in modo diverso e le riserve di gas naturale si sono rivelate infatti molto più estese del previsto, portando il cratere a bruciare ancora oggi ininterrottamente dopo oltre 50 anni.

Com’è fatta la Porta dell’Inferno: il cratere Darvaza

Ma come si presenta effettivamente la Porta dell’Inferno agli occhi di chi ha la curiosità e il coraggio di andarla ad ammirare? Di fronte a questi turisti così avventurosi si estende un’enorme voragine circolare, composta da un diametro di circa 70 metri e una profondità stimata intorno ai 20 metri. Il cratere del gas ha una superficie totale di 5.350 metri quadri.

Le pareti del cratere sono scoscese e friabili, mentre la zona circostante è segnata da tracce di calore e residui gassosi. All’interno, poi, centinaia di fiamme ardono costantemente, alimentate da sacche sotterranee di metano. Il fuoco, invece, si sprigiona da varie crepe nel suolo e forma lingue incandescenti che si agitano come in un gigantesco calderone infernale.

Durante il giorno, il cratere appare come una depressione fumante nel terreno, ma è di notte che lo spettacolo si trasforma: il bagliore arancione delle fiamme, infatti, illumina il paesaggio desertico circostante, creando un effetto visivo che ricorda realmente un portale mitologico verso il mondo sotterraneo. Il calore percepito anche a diversi metri di distanza e il fragore continuo delle fiamme rendono l’esperienza ancora più impressionante.

Perché la Porta dell’Inferno brucia da 50 anni?

Come anticipato, nonostante le iniziali previsioni, la Porta dell’Inferno continua a bruciare da oltre 50 anni, Ma perché accade? L’evento sembra essere direttamente legato alla vastità delle riserve di gas naturale presenti nel sottosuolo turkmeno.

Il Turkmenistan, infatti, possiede una delle più grandi riserve al mondo, e la zona del cratere è particolarmente ricca di metano. L’incendio acceso nel 1971 ha trovato un flusso continuo di gas che tende a rigenerarsi naturalmente, alimentando le fiamme ininterrottamente.

Nel corso del tempo è stato possibile rilevare dei cambi d’intensità. Questo, però, non ha mai portato a presupporre uno spegnimento delle fiamme che continuano a consumare il gas che fuoriesce dalle fratture nel terreno, trasformando la voragine in una sorta di torcia perpetua.

cratere di darvasa

Tormod Sandtorv, CC BY-SA 2.0 / Wikimedia Commons

Perché e come il Turkmenistan vuole spegnere il cratere

Nonostante sia diventata una sorta di attrazione turistica, nel 2022 il presidente del Turkmenistan, Gurbanguly Berdimuhamedow, ha espresso la volontà di spegnere definitivamente il cratere. 

Le motivazioni sono da ricercare principalmente nelle tematiche ambientali ed economiche. Da un lato infatti il rilascio continuo di gas bruciato contribuisce all’inquinamento atmosferico, rappresentando anche uno spreco significativo di risorse naturali preziose; dall’altro, l’incendio rappresenta un rischio perenne per la salute delle popolazioni locali e per lo sviluppo del turismo sostenibile nella regione.

Nonostante l’annuncio ufficiale, però, ad oggi ancora non è stato fatto nulla per mettere a riposo la Porta dell’Inferno. Stando ad alcuni esperti, non dipende certo dalla volontà politica quanto dalle effettive difficoltà tecniche e dai costi elevati legati all’eventuale intervento. 

Dove si trovano le altre porte dell’inferno?

In varie culture e regioni del mondo esistono fenomeni naturali o siti che vengono associati a leggende infernali per il loro aspetto inquietante o le loro caratteristiche estreme. 

  • Il primo si trova nelle foreste della Pennsylvania dove è custodita una leggenda inquietante, quella de i Sette Cancelli dell’Inferno di Hellam Township. Secondo una delle versioni più diffuse, i cancelli sarebbero ciò che resta di un manicomio andato a fuoco. Si racconta che i pazienti fuggiti siano stati brutalmente uccisi e che oggi chi attraversa tutti e sette i cancelli, visibili solo di notte, viene condotto all’Inferno.
  • Altro luogo misterioso è quello che si trova a Beppu, una delle località termali più famose del Giappone. Si tratta dello Chinoike Jigoku, “lo stagno infernale di sangue“, un appellativo che si deve principalmente alle sue acque, tinte di un rosso vivo per a causa dell’alta concentrazione di ferro e limo e che ribollono a temperature estreme, emanando vapori inquietanti che aumentano l’atmosfera infernale.
  • Altrettanto intensa potrebbe essere una visita a quella che viene considerata come la “Città dei Fantasmi”. Questa si trova in Cina e, nello specifico, a Fengdu lungo il fiume Yangtze. Si tratta di un complesso templare buddista e taoista interamente dedicato al mondo dei morti. Statua dopo statua si ripercorrono infatti le tappe del giudizio dell’anima e delle punizioni infernali.
  • Dalla Cina si arriva in Italia e, nello specifico, nel Parco Archeologico dei Campi Flegrei, presso Cuma. Qui si trova l’Antro della Sibilla Cumana, la profetessa che – stando all’epica scritta da Virgilio – ha guidato Enea agli Inferi. Questo luogo suggestivo, scavato nella roccia vulcanica, è stato per secoli identificato come uno degli accessi al regno dei morti.
  • Il viaggio nelle diverse porte dell’inferno si conclude con il vulcano Hekla, uno tra i più attivi e temuti d’Islanda. Già nel Medioevo i monaci europei lo consideravano la vera e propria bocca dell’Inferno. Le eruzioni frequenti e la sua presenza dominante nel paesaggio islandese lo hanno reso infatti il simbolo perfetto del caos e della dannazione eterna.
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